Ing. Valter Amerio

Chi riflette, si pone delle domande, cerca delle risposte, esprime una sua personale saggezza plasmata dalla conoscenza acquisita negli anni e dalla sensibilità in parte innata e anche molte volte maturata dopo incontri importanti ed esperienze significative, che tutti noi per fortuna facciamo nel corso della nostra vita.

Non ci sorprendiamo quindi se Valter, ingegnere con una passione per lo studio della Storia – (v. conviviale del 3 dicembre 2020 quando con Luca trattò Lepanto: fattori di successo ed elementi di modernità) - ha questa volta deciso di affrontare un tema squisitamente scientifico, apparentemente per pochi, ma con riflessi nella società del domani – neanche tanto lontana – che cambieranno in qualche modo la vita di ognuno di noi.

In questa tredicesima conviviale, ancora una volta a distanza, Valter ci ha parlato di Idrogeno o meglio di “Un pieno di Idrogeno”.

Il suo è il tentativo di darci una chiave di lettura di ciò che accadrà nei prossimi decenni sotto il profilo energetico e quali saranno le scelte dei paesi industrializzati per far fronte alla continua richiesta di energia.

Devo ammettere che la mia conoscenza dell’idrogeno sino a questa sera era ferma all’immagine del dirigibile tipo Zeppelin, chiamato Hindenburg, che nel 1937 in meno di un minuto prese fuoco, andando completamente distrutto,  e ai TIR dotati di cisterna per il trasporto di idrogeno liquido che incontrati ogni tanto mi generano una certa inquietudine.

L’idrogeno, contrassegnato dal simbolo H, è il primo elemento chimico della tavola periodica. Nella sua forma pura è un gas non tossico, invisibile e inodore, è più leggero dell’aria, tanto da sfuggire alla forza di gravità e scappare dall’atmosfera. Ha il pregio e se vogliamo anche il difetto di essere altamente infiammabile. Se si pensa alle stelle che sono quasi interamente composte da idrogeno è facile capire quanto questo gas sia un efficace vettore di energia nonché talmente presente nella galassia da rappresentare il 70% della materia nell’universo. Se, in un certo senso, è quasi impossibile non incontrarlo, è altrettanto vero che non è mai presente da solo perché vuole a tutti i costi combinarsi con altri elementi  quali l’acqua, i composti organici e gli esseri viventi.

Il suo nome trae origine dal parola greca Hydrogène che per l’appunto vuol dire “generatore di acqua”, perché proprio dalla sua combustione  riusciamo ad ottenerla.

L'uso dell'idrogeno oggi è ormai indispensabile nelle applicazioni industriali perché la sua efficienza energetica è superiore dalle due alle tre volte rispetto ai combustibili tradizionali.

I quattro impieghi principali sia nella forma pura che in quella miscelata sono la raffinazione del petrolio (25%), la produzione di ammoniaca (55%) e la produzione di metanolo (10%) mentre il rimanente 10% interessa altre lavorazioni quali ad esempio la produzione dell'acciaio.

In natura l’ Idrogeno non si riesce proprio a trovarlo da solo - se non in rarissimi casi – e così se lo vogliamo allo stato puro siamo costretti ad impiegare altra energia per separarlo dagli altri elementi. Seppur incolore ed invisibile allo stato gassoso, anche lui non sfugge alla cromaticità quando si parla dei suoi metodi di produzione. Abbiamo il “Green” con uso di energia rinnovabile ed elettrolisi,  lo “Yellow” che si affida all’energia solare e il “Blue” dove prioritaria è l’eliminazione dell’anidride carbonica. Tutte queste sono sostenibili per l’ambiente mentre certo non lo si può dire per il “Pink” dove abbiamo l’impiego dell’ energia nucleare, il “Grey” con i combustibili fossili e infine il “Black” dove la corrente elettrica necessaria al processo si ottiene da una centrale elettrica classica a gasolio o a carbone.

I costi di produzione dell’idrogeno dipendono proprio dal processo scelto. Ogni metodo ha i suoi pro e contro. In linea di massima l’ idrogeno “Grey” costa 1,25-1,5 €/kg. mentre il “blue” ha un prezzo superiore di circa 0,5 €/kg). Nel 2030 il “Green” potrebbe costare da 3,7 a 5,9 €/kg ma se i metodi di produzione diverranno più economici e performanti i prezzi potrebbero scendere da 2,1 a 4,4 €/kg. Comunque vada Il “Green” - quello ottenuto dall’acqua e dalle rinnovabili – costerà sempre di più di quello “Blue” - ottenuto dal metano. In una prospettiva temporale più lunga, ad esempio il 2050, il prezzo potrebbe comunque attestarsi intorno a 1 a 1,6 € al kg.

Se la produzione ha un costo, il suo stoccaggio  non è da meno, perché occorre molta energia.  Il metodo più comune, perché economico, è immagazzinarlo come gas a pressione anche se questo comporta contenitori e serbatoi di grandi dimensioni perché il volume dell’Idrogeno è molto elevato.

Può essere anche conservato allo stato liquido, ma in questo caso il processo di trasformazione è più costoso perché il gas deve essere sottoposto a compressione e ad una temperatura di -253°.

In alternativa si possono sfruttare anche i composti chimici ricchi di idrogeno, come l’ammoniaca, che possono cedere e riacquistare idrogeno in modo reversibile o anche metalli e leghe.

Lo stoccaggio geologico è l’ideale per grandi quantità o se il gas deve essere conservato per lungo tempo, mentre i serbatoi sono più indicati per una conservazione di breve periodo e per piccole quantità.

Resta poi il problema della sua distribuzione.  L'idrogeno a temperatura ambiente ha un volume tre volte maggiore rispetto al gas naturale, a parità di energia trasportata. La distribuzione a mezzo gasdotti miscelando l’idrogeno nelle reti esistenti è sicuramente  più facile anche se le manutenzioni sono più severe rispetto alle linee elettriche a lunga distanza.

I costi di trasporto e immagazzinaggio svolgeranno quindi un ruolo importante nella competitività dell’idrogeno che al momento - se deve viaggiare a lungo prima di essere usato - ha dei costi di tre volte superiori a quelli sostenuti per la sua produzione.

Da molto tempo l’idrogeno costituisce una promessa in molti settori al di là delle applicazioni industriali. Soprattutto nei trasporti il futuro si può considerare alle porte anche se la convenienza economica dipenderà dal costo delle celle a combustibile, dallo stoccaggio e dalla diffusione delle stazioni di rifornimento e non ultimo dallo sforzo tecnologico che i Paesi e le case costruttrici vorranno impiegare. Insomma – al di là delle parole – “bisogna crederci”.

Il trasporto aereo è oggi responsabile di almeno il 2,8% dell’emissione globale di CO2. Già da diversi anni è allo studio un progetto emissioni zero utilizzando l’idrogeno come carburante pulito. Per la temperatura a – 235 gradi centigradi il problema è superabile, perché l’alta quota degli aerei parla da sé, mentre più problematico è l’ingombro dell’idrogeno superiore di quattro volte al kerosene che impone una nuova progettazione degli aerei.  Comunque vada,  possiamo pensare ad un 2030 dove nei cieli vedremo i primi aerei civili e commerciali ad idrogeno liquido.

In parallelo anche il trasporto via mare sta considerando dei nuovi progetti, ma al momento è ancora molto difficile decarbonizzare.  L'idrogeno rinnovabile e l'ammoniaca possono essere la soluzione ma vi sono aspetti che devono essere risolti come ad esempio gli elevati costi rispetto ai combustibili fossili, il problema della riduzione del volume utile di carico, ceduto per stoccare il carburante e l’assenza di una diffusa rete di stazioni di rifornimento. La compagnia danese Maersk, che trasporta un quinto dei container al mondo,  non ha però rinunciato all’idea e ha ordinato alla Hyundai Heavy Industries (HHI) dodici grandi navi portacontainer oceaniche in grado di funzionare con metanolo, derivato dall’ idrogeno,  a emissioni zero. La serie sostituirà le navi più vecchie, generando un risparmio annuo di emissioni di CO2 di circa 1 mln t e offrendo un trasporto “veramente carbon neutral” su grande scala in alto mare. 

Anche il trasporto ferroviario avrà la sua rivoluzione. In diversi paesi europei il treno all’idrogeno sta diventando realtà e andrà a sostituire i vecchi diesel su ben il 30% della rete ferroviaria europea non ancora elettrificata. Finalmente in Italia regioni come la Sardegna, la  Lombardia e l’ Abruzzo vedranno comparire i primi treni a zero emissioni. L'energia sarà prodotta attraverso la combinazione dell'idrogeno che è contenuto nei serbatoi e l'ossigeno che è nell'aria.  Per far funzionare il treno quindi niente generatori, né rumorose turbine, ma batterie a ioni di litio.

Ma veniamo infine alle nostre amate auto. Molti di noi ne hanno più di una e l’idea di quanto possano inquinare può balenarci nella mente qualche volta, ma certo non cambia le nostre abitudini. Se prendiamo il treno lo facciamo per comodità e non per senso ecologico. Alcuni di noi si sono convertiti all’elettrico, ma cosa ne sarà un giorno della batteria è meglio non pensarci. Anche per le auto all’idrogeno i problemi al momento non mancano, soprattutto sotto il profilo della convenienza economica.  La priorità è ridurre il costo della pila di celle a combustibile, il costo del serbatoio a bordo e non ultimo quello del rifornimento.

Per essere più competitive e attrattive di quelle elettriche le auto ad idrogeno dovranno avere un’autonomia di almeno 400-500 Km mentre a loro favore giova sin da subito la velocità del pieno che si può fare in soli cinque minuti.  Resta il fatto che occorrono le stazioni di rifornimento senza le quali tutto su limita a pura teoria. Questo vale anche per bus e autotreni che sicuramenti idonei per un’energia alternativa come l’idrogeno avrebbero si un’autonomia più lunga ma sarebbero sempre dipendenti dalla sua distribuzione sul territorio. Un discorso a parte sono gli autobus che circolano nelle città che godrebbero di punti di ricarica vicini e quindi contribuirebbero in modo determinante alla riduzione dell'inquinamento urbano offrendo anche un elevato comfort di guida e una silenziosità ineguagliabile.

Indietro non solo non è conveniente tornare ma non è neanche possibile, perché i cittadini - soprattutto nei paesi più industrializzati - hanno maturato la consapevolezza dell’imminente pericolo di un inquinamento che sta irrimediabilmente compromettendo il pianeta. Una nuova coscienza sociale, una volontà di un’energia verde, cioè sostenibile, ha costretto il legislatore soprattutto sovranazionale a regolamentare questa esigenza generando ed imponendo al singolo così come all’industria e alla scienza un nuovo modo di pensare e vivere. Forse nell’idrogeno troveremo un alleato che ci aiuterà a conciliare un fabbisogno energetico sempre più impellente - si pensi che ad oggi circa un miliardo di persone non conosce ancora l’energia elettrica nel suo uso quotidiano – con uno stile di vita sempre più ad emissioni zero.

Ma questo potenziale alleato è innocuo o nasconde qualche insidia? Su questo aspetto si dovrà ancora riflettere molto perché la pericolosità dell’idrogeno è nota, ma poco la si studia e raramente se ne parla.  Sicuramente sulla pericolosità dell’idrogeno pesa la nota immagine del dirigibile tedesco Hindenburg, ma d’altra parte sostenere che l’idrogeno di per sé non è più pericoloso della benzina o di altri gas combustibili è sicuramente un azzardo se si pensa che questo gas si combina spontaneamente e in modo esplosivo con l’ossigeno, producendo fiamme invisibili velocissime. L'idrogeno si accende e brucia più facilmente della benzina o del diesel e ad oggi non abbiamo una  seria valutazione del rischio di incendio e di esplosione basata su sufficienti elementi statistici. La cautela è quindi un obbligo così come la necessità di un’accurata ricerca scientifica.

Nel futuro del nostro pianeta l’idrogeno avrà una posizione di primo piano. I quattro quinti della domanda di energia degli utilizzatori finali oggi è per combustibili contenenti carbonio, non elettricità. Un’ energia pulita, sicura e sostenibile è ormai una necessità a cui la società non può più rinunciare né tantomeno rimandare. Se vogliamo almeno tentare nei fatti la riduzione di emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050,  dobbiamo programmare e fissare obiettivi senza frapporre ostacoli alla ricerca ma anzi agevolandola con finanziamenti e con una politica fiscale che non sia punitiva proprio verso coloro che operano nel settore dell’energia rinnovabile.

Al termine della serata, ho ancora difficoltà a capire cosa vogliano effettivamente  dire “50 kWh di energia elettrica”, ma questo poco importa.  Ora, quando a bordo della mia auto inquinante mi imbatterò in uno dei tre autobus ad Idrogeno circolanti in città, potrò ben dire di sapere che qualcuno ogni giorno  studia e progetta per far si che la nostra città sia sempre più Green. Ringraziamo Valter che ci ha aiutato a conoscere questo gas, svelandoci le potenzialità che nei prossimi anni saranno visibili agli occhi di tutti.

Pensando all’Idrogeno e alle domande degli amici presenti a questa conviviale, ho la percezione che un’unica vera domanda sia rimasta celata ma presente in tutti noi: “la scienza continuerà sempre ad aiutare l’uomo, ma l’uomo saprà domare il suo egoismo e la sua inarrestabile voglia di soddisfare ogni suo desiderio per dare una “chance” di sopravvivenza a se stesso e al pianeta?

A questa domanda - per il momento - non abbiamo una risposta. Resta la “speranza”.       

Roberto Ferrari