Luigi Capone
Scienza e tecnologia della fusione nucleare nel contesto di produzione energetica
 
Soluzione, questa della fusione nucleare, non certo semplice da comprendere appieno, in considerazione soprattutto del fatto che i tempi richiesti per arrivare ad un uso industriale, e quindi utili per risolvere i problemi energetici del nostro pianeta, sono lontani. I più ottimisti parlano del 2030 mentre i più prudenti del 2060.  Indicazioni che ci potrebbero far ritenere che non siamo ancora nella posizione di poter fare delle previsioni su quando questa soluzione sarà realmente disponibile.
 
 
Soluzione che, come direbbe il nostro premio Nobel della fisica Giorgio Parisi, oltre ad essere molto complicata, è inserita in un contesto complesso (sistema dinamico a multicomponenti) come quello dell’energia influenzato da fattori tecnologici, di sostenibilità, geopolitici, di sistemi economici e sociali. Contesto che ci fa propendere a pensare che la soluzione sarà, in realtà, l’adozione di diverse tecnologie, via via sempre più sofisticate, che possano consentire lo sfruttamento delle diverse fonti di energia disponibili sia rinnovabili che non. Rinnovabili come l’energia solare, il vento, l’acqua e la geotermia. Non rinnovabili come, ad esempio, gli idrocarburi e l’uranio. Il punto sarà quello di trovare delle soluzioni che riducano l’emissione di gas serra (GHG), in particolare la CO2, e consentano di assicurare un livello di sicurezza, di impatto ambientale e di costi accettabili. In questo contesto la fusione nucleare viene presentata come il “nucleare pulito” in quanto, a differenza della fissione nucleare che caratterizza le centrali odierne, produrrebbe quantità pressoché illimitate di energia senza emissioni di gas nocivi o gas serra e con la produzione di limitate quantità di scorie radioattive, che rappresenta il problema principale e non risolto della fissione.
 
Si è ritenuto più utile illustrare gli aspetti generali che caratterizzano questa soluzione piuttosto che illustrare il percorso di evoluzione che ci dovrebbe portare da una fase sperimentale a quella industriale. Percorso che si può ragionevolmente ritenere sia stato tracciato peraltro solo nelle sue linee generali. Ciò allo scopo di meglio comprenderne i pro e i contro rispetto ad altre soluzioni e di avere gli elementi per comprenderne le evoluzioni.
 
A differenza della fissione nucleare la fusione è una reazione nella quale nuclei di due o più atomi si uniscono tra loro formando il nucleo di un nuovo elemento.  Due sono le tipologie di tecnologie di reattori oggi presenti: a confinamento magnetico (o tokamak)) e a confinamento inerziale con laser.  La prima tipologia è quella che si sta sperimentando da tempo (il primo fu inventato nel 1950) ed è oggetto di diversi progetti in via di completamento come ITER, in fase di costruzione a Cadarache nel sud della Francia e i cui esperimenti di fusione deuterio-trizio veri e propri inizieranno solo a partire dal 2035. La seconda tipologia è quella che è venuta alla ribalta negli ultimi mesi e sperimentata nel Lawrence Livermore National Laboratory USA del Department of Energy (DOE).
 
Di seguito sono riportate due figure che illustrano come è fatto un reattore a confinamento magnetico:
 
 
Di seguito sono riportate due figure che illustrano come è fatto un reattore a confinamento inerziale con laser:
 
 
    
Perché la fusione sia possibile i nuclei devono essere avvicinati tra loro, impiegando una grande energia per superare la repulsione elettromagnetica, vinta la quale la forza nucleare forte ha il sopravvento e il nuovo nucleo viene formato.  La fusione degli elementi fino ai numeri atomici 26 e 28 (ferro e nichel) è una reazione esotermica, cioè emette energia, poiché il nucleo prodotto dalla reazione ha una massa minore della somma delle masse dei nuclei reagenti. Nella fusione nucleare la massa e l’energia sono legate dalla teoria della relatività ristretta di Einstein secondo l’equazione E=mc2, dove E è la cosiddetta “nuclear binding energy” c la velocità della luce e m è la differenza di massa.  Questa “missing mass” è conosciuta come difetto di massa e rappresenta l’energia che viene rilasciata quando il nucleo viene formato. Di seguito la curva che rappresenta la “nuclear binding energy” e la tabella che rappresenta l’energia emessa dalle singole reazioni di fusione. 
 
 
Il processo di fusione di nuclei atomici è il meccanismo alla base delle stelle, tra cui il sole. Le reazioni delle stelle (reazione deuterio-deuterio e ciclo del carbonio-azoto-ossigeno) tuttavia avrebbero però temperature di soglia (energia per superare la repulsione elettromagnetica sopra citata) troppo alte per la resistenza dei materiali attuali e la capacità di tenere il plasma confinato e coeso per la realizzazione di reattori a fusione. La reazione Deuterio (2H) e Trizio (3H), isotopi dell’idrogeno, con la produzione di elio e l’emissione di energia, di cui di seguito è rappresentato il diagramma, rappresenta oggi una delle reazioni di fusione più praticabili per i livelli di temperatura richiesti (100 milioni di gradi) e per energia rilasciata.
 
                                                           
 
Un reattore a fusione per generare una quota di energia utile (Net Power) per alimentare un tradizionale ciclo a vapore per generare energia elettrica deve essere tale che l’energia prodotta dalla reazione di fusione (Fusion) superi la quota di energia persa per radiazioni (Radiation loss) e conduzione (Conduction loss) e limiti il fabbisogno di energia necessario per la conduzione dell’impianto stesso (Efficiency) secondo la seguente equazione (Lawson Criterion):
 
Net power = Efficiency x (Fusion – Radiation loss – Conduction loss)    
 
Di seguito un grafico che riporta lo stato dell’arte e dei progetti in corso dei reattori a confinamento magnetico.
 
Alcune delle sfide più importanti da superare per passare dalla fase sperimentale a quella industriale: 
 
  • Il problema principale dagli anni ’60 ad ora, e probabilmente anche per il prossimo futuro, è rappresentato dalla difficoltà di raggiungere un bilancio energetico positivo del reattore. Ad oggi, infatti, non si è ancora riusciti a costruire un reattore che produca normalmente durante il suo funzionamento in continuo più energia elettrica di quanta ne consumi per alimentare i magneti e i sistemi ausiliari di contenimento. Il progetto ITER ha questo obiettivo. Per quanto riguarda il progetto Lawrence Livermore National Laboratory USA il risultato ottenuto in questo esperimento è la differenza fra l’energia prodotta dalla fusione in quel punto e l’energia concentrata, sempre in quel punto, dai laser. Ma bisogna dire che l’energia che è stata necessaria per attivare i 192 raggi laser ad alta potenza è stata 100 volte di più rispetto a quella infine prodotta. Da un punto di vista sperimentale, abbiamo dunque un primo e importante guadagno di energia. In considerazione della natura di questo laboratorio di ricerca si può pensare che lo scopo di questi esperimenti sia molto più ampio che il solo sfruttamento ai fini di generazione elettrica;    
 
  • La stabilità del nucleo di plasma all’interno della toroide. La durata della reazione nel progetto JET è di 5 secondi. L’obiettivo del progetto ITER è una durata di 400-600 secondi.  L’instabilità del nucleo di plasma (con temperature intorno ai 100 milioni di gradi) sono molto critiche per i danni che possono creare alle pareti. Si evidenzia che ITER ha un fabbisogno di berillio necessario per la realizzazione delle pareti della toroide pari alla sua produzione mondiale annuale.  Ciò fa sorgere alcuni dubbi sulla sostenibilità di costruzione di centrali su vasta scala;
 
  • Carenza di Trizio. Se il deuterio può essere estratto dall'acqua di mare, il trizio, un isotopo radioattivo dell'idrogeno, è invece incredibilmente raro. Secondo le ultime stime attualmente sulla Terra ci sono meno di venti chili di trizio. Attualmente, il trizio proviene da un tipo molto specifico di reattore a fissione nucleare, chiamato reattore ad acqua pesante. Molti di questi reattori, tuttavia, si stanno avvicinando alla fine del loro ciclo di vita e al momento ne sono rimasti in funzione meno di trenta in tutto il mondo: venti in Canada, quattro in Corea del Sud e due in Romania, ognuno dei quali produce circa cento grammi di trizio all'anno. Il trizio costa 30mila dollari al grammo e si calcola che un reattore a fusione funzionante avrà bisogno di fino a duecento chilogrammi all'anno. Gli scienziati sono consapevoli dell'esistenza di questo potenziale ostacolo da decenni e hanno messo a punto un metodo per aggirarlo: un piano per utilizzare i reattori a fusione nucleare per "generare" il trizio, in modo da generare combustibile nello stesso momento in cui viene bruciato e reimmesso nella reazione;
 
  • Gli elevati costi di realizzazione dei prototipi richiedono generalmente finanziamenti pubblici sovranazionali. Iter, il progetto più avanzato sulla fusione nucleare, prevedeva inizialmente un costo di 13 miliardi di euro ma c’è chi sostiene che possa arrivare facilmente a 30 miliardi, senza contare la necessità di impiegare un’enorme quantità di energia per poter proseguire con gli esperimenti. Ci sono tuttavia in corso programmi privati come il Commonwealth Fusion Systems in collaborazione con il MIT, la start-up di cui Eni ha una quota di rilievo (progetto Sparc).
 
Il problema della sicurezza, anche se è uno degli obiettivi del progetto ITER, non è ritenuto particolarmente rilevante in quanto la relazione di Lawson stabilisce un chiaro discrimine fra un reattore a fusione e a fissione nucleare: un reattore a fusione non presenta problemi di instabilità, come un analogo reattore a fissione, in quanto aumentando la temperatura anche le perdite per trasporto aumentano, e il reattore automaticamente si spegne. Cosa che non avviene per un reattore a fissione dove il nucleo deve essere raffreddato fino allo spegnimento. La mancanza di raffreddamento porterebbe all’esplosione del reattore.
 
Bene, dopo questa introduzione ai reattori a fusione possiamo seguire con più consapevolezza i passi che questa tecnologia compirà nei prossimi anni e i punti di forza e debolezza rispetto all’evoluzione delle altre forme di generazione di energia.