Seppur in questo mio breve tratto di cammino all’interno del Rotary, ho compreso che gli Interclub costituiscono una valida occasione per espandere le nostre conoscenze, culturali o scientifiche, per suggellare amicizie o costituirne di nuove e per conoscere, anche e più semplicemente, le modalità e le ritualità degli altri Club.
Ecco, ad esempio, che si scopre come il saluto alle bandiere, da parte dei Soci del Rotary Club Milano Madonnina, inizi con l’Inno del Rotary International e finisca con quello di Mameli, passando per quello dell’Europa; una scelta diversa rispetto al nostro Club in cui il rito degli Inni e il saluto alle bandiere inizia con quello di Mameli.
Ad ogni modo, pur con queste modeste differenze, quello che conta e si percepisce è che il fine e i presupposti associativi comuni, grazie anche all’opera dell’AG Eugenia Damiani, per il nostro Gruppo 4, fanno sì che vi siano una naturale comunione e un sincero affiatamento tra i tre Presidenti di Club, Pierpaolo Montinaro del Milano Madonnina, Clelia Iacoviello del Milano Ovest e Marco Loro del Milano Castello.
Dopo i convenevoli di rito, si entra quindi nel “vivo” della serata, è proprio il caso di dirlo, perché seppur il tema della relazione riguardi una civiltà scomparsa migliaia di anni fa, l’interesse per la stessa, per i suoi misteri e per la bellezza e grandiosità delle sue costruzioni non è mai venuto meno.
Chi ci accompagna e fa da Cicerone in questo viaggio a ritroso nel tempo è l’Egittologo Dott. Giovanni Luigi Maria Brancato, Socio del RC Milano Madonnina, appassionato di archeologia e dedito da oltre quarant’anni allo studio della terra dei Faraoni.
Con lui siamo stati tutti sbalzati all’indietro nel tempo, ci siamo ritrovati improvvisamente nell’anno 2650 a.C., quando ebbe inizio quello che è chiamato il Tempo delle Piramidi, l’inizio di un viaggio tra gli enigmi dell’antico Egitto finalizzato a scoprire il significato e il senso di quell’eternità che gli antichi egizi attribuivano e ricercavano attraverso la realizzazione di queste gigantesche costruzioni, opere d’ingegno architettonico e ingegneristico per quell’epoca ... opere faraoniche ... appunto ... in quanto indissolubilmente legate alla figura del Faraone, letteralmente: “una rampa fino al cielo”.
Il Relatore descrive e rappresenta un vissuto complesso, non peraltro circoscritto solo a quello che ci viene raccontato dalle Piramidi; senza velleità di completezza descrittiva della relazione, alla quale ogni interessato potrà tendere attraverso la richiesta delle slide proiettate nel corso della serata e ciò attraverso il nostro Presidente, il Dott. Brancato ci descrive particolari tombe monumentali dell’epoca, le “mastabe”, costruite ad Occidente del Nilo, dove idealmente veniva collocato il Regno dei Morti.
In superficie si trattava di costruzioni di mattoni cotti, che avevano la funzione di proteggere sotto il livello del suolo il sepolcreto, una cripta di circa dieci metri dove venivano riposte le salme dei sovrani e dei funzionari.
Queste opere non raggiungevano mai un’altezza superiore ai 6 metri, pur trattandosi di monumenti dedicati a dignitari e ad uomini che ricoprivano cariche prestigiose e autorevoli dell’epoca, circostanza che ci fa riflettere sull’incolmabile distanza e divisione esistente tra tutti gli uomini e i Faraoni, il cui monumento sepolcrale, le Piramidi appunto, potevano raggiungere, così come quella di Cheope, altezze superiori ai 146 metri.
Le Piramidi in Egitto sono più di 100 e il nostro Relatore ... non vi sono dubbi ... potrebbe intrattenerci sulla storia e le curiosità inerenti ognuna di loro; è quindi per scelta e opportunità che il Dott. Brancato richiama la nostra attenzione solo su di alcune di esse mentre è per interpretata importanza che la scelta di questo resoconto ricade sulle seguenti.
La prima Piramide che viene sottoposta al microscopio culturale e architettonico del Relatore è quella di Djoser, costruita nella necropoli di Saqqara essa è la più antica struttura egizia ed è alta 60 metri.
Djoser è conosciuta con il nome di “Piramide a gradoni” e nel suo sottosuolo si diramano tunnel sotterranei per circa quaranta chilometri che trovano al termine del loro percorso il pozzo funerario, a circa 28 metri di profondità, mentre le camere funerarie del Re e dei membri della sua famiglia sono affiancate da sale con decorazioni in maiolica o scolpite a rilievo.
Situata ad alcuni chilometri a nord di Saqqara, troviamo la necropoli di Abu Sir, a sud ovest del Cairo, che prende il nome dal villaggio nella valle del Nilo presso cui si trova il sito archeologico; si tratta di un luogo che ancora oggi ci regala sorprese e reperti di grande bellezza e valore, veri e propri tesori e ciò nonostante che delle 14 piramidi che ivi sorgevano oggi ne siano rimaste solo tre: Nebkau, Setibtawy e Userkau.
A pochi chilometri a sud della necropoli di Saqqara troviamo la necropoli di Dahshur e la sua Piramide Rossa, la maggiore delle tre grandi piramidi ivi presenti, così chiamata per la tinta rossastra che la contraddistingue; essa è anche la terza piramide in altezza dopo quelle di Cheope e di Chefren situate nel complesso funerario di Giza.
E veniamo al gioiello conosciuto e celebrato in tutto il Mondo, simbolo dell’Egitto antico e dei Faraoni per antonomasia ... la Piramide di Cheope, conosciuta anche come la Grande Piramide di Giza o la Piramide di Khufu, un’opera ingegneristico-architettonica stupefacente per le sue proporzioni, un risultato di calcoli geometrici e astronomici talmente complessi da dare spazio a congetture tra le quali spicca anche un fantomatico contatto con una civiltà extraterrestre.
Il Relatore dedica grande spazio a questo monumento settima meraviglia del Mondo Antico secondo l’UNESCO insieme ai Giardini pensili di Babilonia (Mesopotamia), alla Statua di Zeus (Olimpia), al Tempio di Artemide a Efeso (Turchia), al Colosso di Rodi (Grecia) al Mausoleo di Alicarnasso (Turchia) e al Faro di Alessandria (Egitto).
La relazione oltre che interessante è avvincente, prova ne sia il dibattito che ne è seguito, ricco di aneddoti, dicerie, verità e curiosità; viene scomodato anche il padre della storiografia, il greco Erodoto, per ricordarci che il rovescio della medaglia di così tanta magnificenza e bellezza è costituito dalla malvagità del Faraone Cheope, non solo nei confronti del popolo ma anche dei suoi stessi familiari.
Al riguardo di quest’ultima, non dobbiamo però pensare che le Piramidi siano il frutto dell’opera di un popolo in schiavitù, come è logico essere portati a pensare, specie se si consideri che si tratti di un popolo che, al culmine della sua civiltà, raggiunse i tre milioni di abitanti.
Ciò che ha fatto sì che si dedicasse una così imponente forza lavoro per la costruzione delle Piramidi è stato il senso di appartenenza, perché questi monumenti hanno visto la partecipazione di tutto il popolo, come se si trattasse di un progetto nazionale, piuttosto che non di un monumento privato e personale del Faraone; ingegneri, tagliapietre, scultori, artigiani, pittori, architetti e non ultimi gli scribi hanno lavorato e collaborato per il prestigio e la fama dell’intero popolo.
A questa dedizione corrisponde considerazione e riconoscenza, testimoniate dai reperti e dai monumenti ritrovati nella piana di Giza, in cui gli scavi hanno infatti portato alla luce le tombe dei costruttori delle piramidi di Cheope e Chefren, questo perché, come tiene a sottolineare il Relatore, a tutti piace essere sepolti vicino alle persone importanti.
Anche se Erodoto parlava quindi di schiavi e stimò il numero di questi intorno alle 100.000 persone, gli storici moderni raccontano di lavoratori impegnati in un progetto nazionale e in una misura di circa 10.000 individui.
La storia delle Piramidi ci svela anche un’altra curiosità, ovvero il primo sciopero della storia, che non fu prerogativa dei Romani, all’epoca del console Appio Claudio, nel 495 a.C., ma risale al 1950 a.C. quando in Egitto regnava il Faraone Ramses III.
Gli operai del villaggio di Deir el-Medinet, adde, consistente in derrate alimentari e unguenti per proteggersi dal sole, incrociarono tti alla costruzione dei templi di Tebe, non ricevendo da giorni la paga le braccia e tali fatti furono annotati con scrupolo da uno scriba su di un papiro oggi esposto al Museo Egizio di Torino.
Alla coinvolgente relazione del Dott. Brancato sono seguite domande e contributi tra i quali quelle del nostro Formatore di Club Adriano Anderloni, in relazione ad un interrogativo sulla durata dei lavori per costruire questi capolavori di architettura.
Il Faraone Khufu regnò per circa venticinque anni e la prima sua preoccupazione, come anche quella dei suoi “colleghi”, fu quella della scelta del luogo dove il suo corpo sarebbe stato sepolto; pur con tutte le incertezze del caso, si deve dedurre che per costruire una piramide occorressero almeno venti anni.
Anche il nostro Presidente ha chiesto all’Oratore di parlarci della leggendaria Regina di Nefertiti, vissuta nel XIV secolo a.C. e considerata la più iconica tra le Regine insieme a Cleopatra.
Il Relatore, al riguardo, si è espresso in primo luogo manifestando stupore, come se la domanda fosse stata combinata, posto che sta per uscire appunto un suo nuovo libro al riguardo, ma sentito il nostro Presidente lo stesso conferma essersi trattato solo di una casualità.
Su questo tema apprendiamo che la più famosa ipotesi dell'archeologo inglese Nicholas Reeves, secondo cui la sepoltura della salma della Regina Nefertiti sarebbe avvenuta in una camera segreta all'interno della tomba di Tutankhamon, è stata smentita da un gruppo di studiosi del Politecnico di Torino, atteso che non esiste nessuna camera intorno al sepolcro del Faraone.
Una serata molto interessante, che ci chiarisce come che nella civiltà egizia, alla spasmodica attenzione verso il culto dei morti, si contrapponeva una generale trascuratezza verso ogni altro tipo di edificio, così che i palazzi pubblici venivano costruiti con mattoni crudi inevitabilmente destinati a perire nel tempo, questa la ragione del perché di questi palazzi ed edifici oggi non vi sia quasi più traccia.
L’ultima domanda riguarda i geroglifici, un argomento che nonostante l’orario e le due ore di relazione entusiasma l’Oratore e apre scenari sui quali si potrebbe proseguire per giorni di approfondimento.
Si chiude con i saluti e i complimenti del nostro Presidente, non solo per l’Oratore ma anche per i Soci del Milano Castello, presenti in numero di 23 e ai quali va aggiunta Rosanna, la moglie del nostro Socio e Past President Mario Dufour.
Roberto Ferrari