D.ssa Paola Cicconi
Paola Cicconi ci ha illustrato come si sviluppa il vaccino mediante tre brevi filmati della BBC (qui linkati per chi desiderasse rivederli), tradotti in simultanea dalla sua simpatica conversazione:
 
In breve, il vaccino segue il medesimo procedimento di sperimentazione e sviluppo di un qualsiasi altro prodotto farmaceutico:
- laboratorio;
– test su animali (per il Covid-19 : furetti, topi, scimmie);
- uomo.
La sperimentazione sull’uomo si compone di tre fasi:
  • una prima su un piccolo gruppo di volontari sani (da 25 a 50), per verificare la sicurezza del prodotto, la risposta immunitaria ed il corretto dosaggio;
  • una seconda su diverse centinaia di volontari, di varie età, sesso ed etnia;
  • la terza allarga la sperimentazione a diverse migliaia di volontari.
 
 
 
 
Lo studio clinico del vaccino anti Covid-19 Oxford- Astra Zeneca è stato effettuato con il metodo c.d. “doppio cieco” (o randomizzato), che consiste nella somministrazione del prodotto da sperimentare ad un gruppo di volontari, in parallelo con la somministrazione ad altro gruppo di un “controllo” (in questo caso fu somministrato un vaccino contro la meningite, già conosciuto e approvato, ma evidentemente inefficace contro il Covid-19 ). Né i volontari, nè gli sperimentatori sanno cosa sia stato somministrato; e questo garantisce l’obiettività nella valutazione dei risultati.
 
Normalmente queste fasi vengono scandite una dopo l’altra, con tempi piuttosto lunghi; l’emergenza Covid-19  ha drammaticamente accelerato la tempistica. Come è stato possibile? ecco le ragioni:
  • gli Stati hanno messo a disposizione grandi risorse finanziarie;
  • questo ha accelerato e facilitato il reclutamento di scienziati e ricercatori;
  • scienziati e ricercatori in UK hanno – anche – interrotto ogni altra ricerca in corso (es: HIV per la nostra relatrice), concentrandosi esclusivamente sul vaccino anti covid;
  • il gruppo di ricerca di Oxford era già impegnato a studiare vaccini sui virus emergenti, fra i quali un diverso tipo di coronavirus;
  • la popolazione era sensibilizzata e percepiva la necessità di un vaccino per far fornte alla pandemia; questo ha consentito un più facile reclutamento dei volontari;
  • le tre fasi sono state, in parte, sovrapposte, senza che ciò abbia comportato un allentamento dei controlli;
  • la valutazione del vaccino da parte dell’agenzia regolatoria Britannica (MHRA) è avvenuta “in corso d’opera” (c.d. rolling rewiew), accelerando i tempi per l’approvazione finale.
 
Con queste motivazioni la dottoressa ha risposto al socio Cesare Parazzi che, ricordando la propria esperienza professionale presso una casa farmaceutica specializzata in vaccini, ed il lunghissimo tempo in allora necessario al loro sviluppo, si stupiva di come si fossero potute trovare delle scorciatoie (diceva il suo direttore sanitario: “se metto nel trial due donne incinte non ottengo una gravidanza di 4,5 mesi”). Il picco di risposta al vaccino è 14 giorni dopo la somministrazione e non di mesi. Inoltre, l’alto numero di casi sintomatici e positivi nel corso della pandemia, ha fatto sì che differenze statisticamente significative tra i due bracci di studio (vaccino anti-Covid-19  e vaccino anti-meningococco) si siano potute  osservate rapidamente.
 
Rispondendo alla socia Fabiola Minoletti, che chiedeva se fossero state effettuati studi su possibili effetti teratogeni, la relatrice ha risposto che non ve ne è stato il tempo, ma che comunque negli organi riproduttivi delle cavie non è stata trovata alcuna traccia del vaccino. Ha inoltre spiegato che i processi di controllo proseguono ben dopo l’immissione in commercio, con la farmacovigilanza, poiché effetti indesiderati non verificatisi quando il prodotto è sperimentato in scala di migliaia, possono invece manifestarsi, per ovvi motivi statistici, quando esso viene somministrato a milioni di persone (c.d. “fase quarta”).
 
Il terrore “no-vax” degli effetti indesiderati non ha tuttavia alcuna giustificazione, poiché è un rischio non maggiore di quello che corriamo assumendo un’aspirina o un antidolorifico o qualsiasi altro farmaco di collaudata efficacia. Senza contare il rischio ben maggiore di contrarre il Covid-19  e magari perdere la vita. Giustamente, la Dottoressa ha stigmatizzato certa informazione allarmistica, che associa alla vaccinazione eventi che nulla hanno a che fare con essa: andando ad analizzare i casi, ci si accorge infatti che si tratta di persone con multimorbilità più che sufficienti a provocare il c.d. evento avverso in modo del tutto indipendente dal vaccino.
 
A questo punto della relazione mi sono reso conto di assistere ad una lezione universitaria, che mi avrebbe condotto dalle premesse alle conclusioni. Infatti, la relatrice ha evidenziato una prima premessa logica, che verrà utile in seguito, richiamando quanto affermato dal prof. Andrew Pollard, leader del suo gruppo di ricerca (lo vediamo nel terzo filmato): compito della scienza non è dimostrare CHE il vaccino funzioni, ma dimostrare SE il vaccino funziona. In parole povere, va quindi valutato sulle statistiche e le probabilità.
 
Quali sono le differenze fra vaccino Pfizer, Moderna ed Oxford-Astra Zeneca? I primi due sono vaccini RNA, in quanto composti di frammenti del codice genetico del virus, circondati da una microsfera di grasso, che, entrata nell’organismo, rilascerà la proteina spike del virus, provocando la reazione immunitaria che contrasterà il virus penetrato nell’organismo. Il vaccino Oxford-Astra Zeneca utilizza invece come veicolo il virus del raffreddore dello scimpanzè, addittivato con un po' di codice genetico del Covid-19 . All’interno del corpo umano questo insieme produce la proteina spike, ed il processo immunitario comincia nello stesso modo.
 
Pfizer afferma che l’efficacia del proprio vaccino è del 95% dopo l’assunzione di due dosi; Moderna del 95% con una sola dose; Oxford-Astra Zeneca dal 62% al 90%. Quest’ultima stima può apparire bassa, ma nei trials nessun paziente inoculato ha manifestato sintomi gravi in seguito all’infezione da Covid-19  tali da richiedere ospedalizzazione. Prezzi: € 16,43 per ogni dose Pfizer; € 27,10 per ogni dose Moderna; solo € 3,29 il vaccino Oxford-Astra Zeneca.
 
Conservazione e trasporto sono a loro volta molto diversi; i primi due vaccini (Pfizer e Moderna) debbono essere conservati per il trasporto a temperature molto basse (-70 c. Pfizer, - 20 c. Moderna) e comunque per non più di sei mesi, quindi possono essere conservati per la somministrazione in normali frigoriferi per non più di 5 gg. Molto più facilmente, il vaccino Oxford – Astra Zeneca viene conservato in normali frigoriferi a -5 c.
 
Adriano Anderloni ha chiesto se vi sia somiglianza fra vaccino anticovid e vaccino antinfluenzale; la dottoressa ha risposto negativamente: l’adenovirus dello scimpanzè – che in teoria potrebbe arrecare raffreddore od influenza – viene disattivato e trasformato in mero vettore del virus Covid-19 , e non può trasmettersi all’uomo.    
 
Luca Faotto ha chiesto quale sia la durata dell’immunità garantita dal vaccino, ma la risposta non è ancora possibile perché la verifica, intuitivamente, comporta un’osservazione protratta nel tempo; ma è un’occasione per la dottoressa per precisare che l’immunità non è dal contagio, ma dalla malattia (e questa a mio avviso è la seconda premessa da tenere a mente).
 
Isabella Faralli, del nostro Rotaract, ha poi chiesto quali siano gli interessi economici di un privato che intendesse investire nei vaccini. Benché non sia questo il campo professionale della relatrice, ella ha saputo rispondere a grandi linee su quali siano i rapporti fra Stati, istituti di ricerca, e produttori privati; questi ultimi devono negoziare con gli Stati, ove esiste un Servizio sanitario; con le compagnie di assicurazione laddove questo non esiste. 
 
Marco Muggiani, ospite del Club, ha chiesto notizie circa gli altri vaccini allo studio: la Dottoressa, pur conoscendone uno solo (Johnson) perché vi sta lavorando, evidenzia che è bene vi siano molti vaccini, sia per evitare posizioni monopolistiche, sia perché nessuna casa farmaceutica sarebbe in grado di coprire tutto il fabbisogno mondiale.
 
L’incoming president Raffaele Jacoel ha chiesto se le mutazioni dei virus introdotto nel nostro organismo trasformino per caso il nostro DNA. La relatrice lo ha tranquillizzato: il virus “vettore” (adenovirus) è disattivato e non può mutare all’interno dell’organismo umano. La mutazione avviene invece nel coronavirus, come è normale che avvenga per meglio adattarsi all’ambiente umano e facilitare la propria propagazione; ma per adesso non vi sono evidenze su effetti differenti del vaccino su queste “sottospecie” di coronavirus.
Rispondendo a Jacoel la relatrice ha quindi posto in evidenza un terza premessa che sorreggerà le conclusioni: le mutazioni del virus sono conseguenza del suo “spirito di sopravvivenza”: se non uccide l’organismo ospite, si propaga e sopravvive; se lo uccide, non fa a tempo a propagarsi e muore, come è avvenuto per il virus Ebola.
 
Il socio Alfonso Amato, oltre a curiosare sul lockdown inglese, che è stato descritto a mio parere come assai meno oscillante del nostro, ha domandato se il vaccino possa nascondere in sé metalli pesanti; ma la relatrice ha risposto che il “pericolo” della presenza di metalli pesanti nel vaccino o suoi eccipienti è di gran lunga inferiore a quello che affrontiamo in un sushi bar mangiando un pezzo di tonno.
 
È poi giunta la simpatica domanda di Craig Sause, autobiograficamente preoccupato della comunicazione multilingue nella simpatica famiglia della nostra relatrice: con un marito metà italiano e metà tedesco e tre figli english speakers la mamma fa molta fatica a parlare ed insegnare l’italiano, lottando strenuamente in difesa dei congiuntivi…  don’t you think so, Craig
 
Rispondendo ancora ad Adriano Anderloni, la relatrice ha richiamato la seconda premessa che abbiamo già evidenziato: allo stato delle ricerche dobbiamo dire che il vaccino non evita il contagio ma riduce intensità e conseguenze della malattia.
 
Non ho potuto a questo punto evitare di porre la mia domanda: dicono i virologi italiani che non esistono vaccini per gli infrasedicenni, ma che costoro sono fonte certissima di contagio: ed allora come dobbiamo fare?
 
L’appropriata risposta è conseguenza delle premesse già evidenziate: se il vaccino non evita il contagio ma riduce la gravità della malattia, non c’è alcun bisogno di vaccinare chi, come i bambini o gli adolescenti, non si ammala o si ammala in forma lieve; sono da vaccinare invece tutti gli altri. Scopo del vaccino non è infatti quello di immunizzare l’intera umanità, ma più concretamente far sì che nessuno si ammali in forma grave.
 
Ed allora ho chiesto, ancora: secondo uno studio spagnolo recentemente pubblicato su Science si ipotizza che nel giro di un decennio i mutamenti del virus lo portino ad indebolirsi fino a provocare nulla più di un raffreddore, come una delle moltissime varianti stagionali dei suoi colleghi influenzali; è uno scenario plausibile? La nostra simpatica relatrice ha tratto una conclusione rassicurante: ebbene sì, è uno scenario possibile ed anzi probabile, perché è “interesse” del virus, coincidente del resto con il nostro, sopravvivere il più a lungo possibile, quindi dovrà evitare di ucciderci e si affiancherà a tanti altri suoi “colleghi” stagionali nel sopravvivere, facendoci starnutire. Ed il vaccino lo “aiuterà” in questo percorso di mitigazione.
 
Luca Faotto ha salutato con entusiasmo questa ipotesi: se rischieremo soltanto un raffreddore, potremo ricominciare ad abbracciarci.
 
Le domande, segnale di spiccato interesse dei nostri soci ed ospiti, sono proseguite: il socio Guido Motti ha chiesto se i 15.000 contagi quotidiani vadano interpretati come risultato di altrettanti infetti imprudenti ed in libera circolazione, e se sia giusto l’utilizzo domestico del saturimetro: ebbene è stato sfortunato perché ha incontrato due “no”.
 
Quanto alla prima domanda, la relatrice non si sente proprio di colpevolizzare chi, alienato e stressato dalla situazione che tutti stiamo vivendo, e magari anche dalla perdita del lavoro, faccia “quello che può”: una popolazione sotto un simile stress non può essere giudicata dall’esterno. Il secondo “no” al saturimetro “casalingo” è quasi ovvio, perché, come tutte le misurazioni cliniche (es.: la pressione sanguigna, spesso oggetto di nevrotiche verifiche), anche la saturazione di ossigeno nel sangue va verificata solo se si è sintomatici ed il medico lo richiede; altrimenti ci si destina all’ipocondria. 
 
Luca Faotto ha chiesto per quanto tempo dovremo usare la mascherina, e la dottoressa ci ha fatto notare che essa ci ha evitato, quest’inverno, anche la consueta e ricorrente epidemia influenzale, cosa che in effetti ognuno di noi ha potuto constatare. Tanto vale proseguire. Infine, un avvertimento: la Gran Bretagna appare avere più contagi di noi semplicemente perché effettua TRE volte i tamponi che riusciamo a praticare noi; non è quindi proprio il caso di essere più ottimisti degli inglesi.
 
Abbiamo quindi ascoltato una Scienziata a tutto tondo, capace di rispondere con calma e persuasiva ponderazione a qualsiasi domanda, così come di spiegare con chiarezza e semplicità non solo come funziona un vaccino, ma quale sia la strategia vaccinale, in termini di campagne di vaccinazione. Già diffondere la comunicazione chiara e pacata di Paola Cicconi sarebbe un service degno del nostro Rotary. Un applauso Zoomstyle ha accompagnato i saluti e ringraziamenti.
 
Massimo Burghignoli