MASSIMO BURGHIGNOLI
Serata casalinga su Zoom dove il Consiglio indetto per le 20,45 è abbondantemente splafonato nell’ora della conviviale ma l’argomento trattato è di tale importanza che il coinvolgimento di tutti i soci non poteva che essere auspicato.
Si è parlato ovviamente di aiuti all’Ucraina e quali strade sia meglio intraprendere.
Ovviamente abbiamo pensato che la strada maestra sia con il Rotary e siamo in attesa di istruzioni da parte del Distretto.
Nonostante la quasi settimana bianca a La Thuile il nostro amico Massimo Burghignoli (il cognome solo per non confonderlo con l’altro Massimo) si è presentato all’appuntamento con una bella carrellata storica sul Lazzaretto di Milano.
La nota divertente è che la consuetudine fa attesa e, conoscendo le doti del nostro oratore, eravamo tutti molto curiosi nell’ascoltare la storia, e la storia non ci ha deluso, anzi!
Ovviamente il richiamo a Manzoni è d’obbligo:
S'immagini il lettore il recinto del lazzeretto, popolato di sedici mila appestati; quello spazio tutt'ingombro, dove di capanne e di baracche, dove di carri, dove di gente; quelle due interminate fughe di portici, a destra e a sinistra, piene, gremite di languenti o di cadaveri confusi, sopra sacconi, o sulla paglia; [...] e qua e là, un andare e venire, un fermarsi, un correre, un chinarsi, un alzarsi, di convalescenti, di frenetici, di serventi.»
 
Il 10 agosto 1468 Il notaio Lazaro Cairati scrisse al duca Galeazzo Maria Visconti esponendo il primo progetto di un edificio in Crescenzago, sulla sponda sinistra del naviglio, in modo da condurre gli infermi con navi. Il finanziamento era ipotizzato per intero a carico della solidarietà cittadina. Retto da 12 cittadini designati da enti religiosi e dalla cittadinanza, retribuiti su base annua con mezza testa di pane, un maiale, una costa di bue grasso a Natale, un capretto ed una offella a Pasqua. Il progetto era destinato, a detta del Cairati, a divenire ben più importante del Duomo, Castello e del dell’Ospedale Maggiore. Ovviamente non fu così.
Furono due successioni ereditarie a smuovere i capitali necessari e localizzare l’intervento: il Conte Onofrio Bevilacqua istituì erede il nipote conte Galeotto (31-10-1468), con il vincolo di distribuire i beni ai poveri ove fosse deceduto senza eredi. Il Galeotto morì il 23-1-1486 con due figlie eredi, ma impose loro un legato di vari beni da vendere per realizzare un ricovero per infetti in luogo di San Gregorio, dove già erano accolti in una struttura più modesta.
Cinque mesi dopo la morte del Galeotto le due figlie non avevano nemmeno iniziato quanto occorreva per adempiere al legato; quindi, il notaio Cairati supplicò il Duca di ordinare alle figlie di adempiere al legato, e quindi i beni furono trasferiti all’Ospedale Maggiore. Il notaio Cairati con personale impegno controllò le paghe degli operai e le note dei fornitori dal 1489 al 1496, ma il suo nome non ricorre nella intitolazione dei siti sorti dalla demolizione del lazzaretto, avvenuta nel 1888. Vi troviamo invece Lazzaro Palazzi, architetto che progettò e diresse l’opera secondo alcuni, ingegnere e semplice capomastro secondo altri.
La ricorrenza del cognome Cairati ha subito portato alla memoria la nostra impareggiabile ed insostituibile Segretaria, nonché Socia Onoraria, che per tantissimi anni ha indirizzato, supportato, condotto e obbligato tantissimi presidenti nel duro incarico a cui erano stati chiamati.
La moglie del Galeotto si rifiutava di rilasciare all’Ospedale i beni oggetto del legato, quindi il notaio Cairati interviene ancora, chiedendo al Duca Lodovico Sforza di ordinare alla marchesa Antonia Pallavicini, vedova del conte Galeotto, il rilascio di quei beni. Il Duca demandò la controversia ad un arbitro, Conradolo Stanga, il quale con lodo del 21-3-1488 statuì che venisse dalle eredi versata all’Ospedale la somma di 6000 ducati, affinché venisse eretto il ricovero per gli appestati
L’8 aprile 1488 l’Ospedale nominò la commissione che avrebbe progettato e diretto la realizzazione dell’opera. Vi fecero parte l’ingegnere Lazzaro Palazzi, il luogotenente del Duca, il capomastro dell’Ospedale, ed un Cittadino per ciascuna delle 6 porte Cittadine (Orientale, Romana, Ticinese, Vercellina, Comasina, Nuova). Scelsero un fondo distante un colpo di balestra dal Redefossi, di proprietà dell’Abbazia di San Dionigi.
Fu progettato a forma di quadrilatero lungo 378 metri e largo 370 e occupava un'area delimitata dalle odierne via San Gregorio, via Lazzaretto, viale Vittorio Veneto e corso Buenos Aires. Erano previste 280 camere quadrate e di lato di otto braccia (4,75 metri) con una finestra grande verso l'interno, una finestra grande con inferriata verso il fossato; un camino alla francese verso il fossato, un «destro» (oggi latrina), un letto in laterizio. Infine la struttura sarebbe stata divisa in quattro parti, le prime tre destinate rispettivamente agli infermi, ai risanati e ai sospetti, mentre l'ultima, posta verso la città, a medici, speziali, barbieri e altri addetti. All'ingresso sarebbero state scolpite le insegne ducali e quelle delle famiglie Parravicini, Bevilacqua, Borromeo e Trivulzio. Il 27 giugno 1488 si diede inizio alla costruzione; nel 1497 il completamento delle fondamenta per la metà delle camere, mentre solo nel 1505 si iniziò la fornitura delle tegole. Buona parte del portico venne realizzata tra il 1507 e il 1508, anno in cui si iniziò l'imbiancatura delle camere. Il Palazzi, malato nel 1504, morì alla fine del 1507 e nel 1508 fu sostituito da Bartolomeo Cozzi. Tra il 1509 e il 1513 ci furono solo minimi interventi per mancanza di fondi e parte della struttura rimase incompleta; il terreno interno fu dato in affitto.
Il Lazzaretto servì le tre grandi epidemie che colpirono Milano nel 1524 (peste di Carlo V), nel 1576 (peste di San Carlo) e nel 1629 (“peste del Manzoni o dei Promessi sposi”). In tutti tre i casi, però, l’enorme recinto di Porta Orientale non fu sufficiente ad accogliere tutti gli ammalati e si dovette ricorrere ad altri accampamenti di fortuna, specialmente al Gentilino fuori di Porta Ticinese. La peste di Carlo V (1524-29) e la peste del Manzoni (1629-31) provocarono un numero molto elevato di decessi. Si parlò allora di oltre 50.000 morti, quasi la metà degli abitanti di Milano. Molto meno cruenta fu la peste di San Carlo nella quale i morti non furono più di 10.000 grazie alla rigidissima quarantena alla quale vennero sottoposti tutti i milanesi, confinati in casa per alcuni mesi.
Il lazzaretto all'epoca della peste del 1630 è raffigurato anche in una tela presente in via Laghetto a Milano; si tratta di un ex voto di Bernardo Catone, priore del paratico dei carbonai, per aver preservato dalla peste i «tencitt». Il nostro Club era presente alla cerimonia di riconsegna del dipinto restaurato (Cleaning day 26-10-2020)
N.B.: l’ala nord dell’ospedale Maggiore sulla via Laghetto fu eretta nel 1797 a cura di certo architetto .... Pietro Castelli (cfr. Enrico Ronzani, Gli Istituti Ospitalieri di Milano, pag. 19). Un suo omonimo ci informò del fatto che la preservazione dei «tencitt» dalla peste fu dovuta non ad intervento divino, ma alla polvere di carbone, inconsapevolmente antisettica.
Dopo la peste del 1629 il Lazzaretto fu adibito a vari usi, spesso militari, mentre il prato era affittato dall’Ospedale Maggiore per orti o pascolo. Nel 1797 fu chiamato Campo della Federazione in onore della federazione delle città cisalpine e serviva da alloggio alla Cavalleria. La chiesa centrale, che aveva già le pareti murate, fu ristrutturata dal Piermarini. In epoca napoleonica l'Ospedale Maggiore lo mise varie volte in vendita senza trovare acquirenti. Nel periodo della Restaurazione fu affittato a depositi e a una fabbrica di cannoni.
Tra il 1882 e il 1890 il Lazzaretto fu gradualmente demolito restituendo alla citta aree che divennero successivamente caseggiati, rioni, strade come noi oggi le conosciamo.
Nel 1844 le stanze erano diventate abitazioni e la chiesa serviva da fienile. Nel 1861 un viadotto ferroviario lo tagliò in due e finalmente nel 1881 lo acquistò la Banca di Credito Italiano per lire 1.803.690. Demolito tra il 1882 e il 1890, ne resta un breve tratto in via S. Gregorio e la chiesa con il portico murato, che venne riaperta al culto con il titolo di San Carlo nel 1884 dopo essere stata acquistata grazie a una pubblica sottoscrizione dal parroco di S. Francesca Romana.
La Chiesa di San Carlo Al Lazzaretto è oggi il ricordo ben visibile tra viale Tunisia e via Lecco.
Il taglio storico è stato mitigato o pur anco enfatizzato da aspetti squisitamente legali che solo il nostro bravissimo oratore ha saputo far emergere da un’attenta ricerca.
Sapevamo che nuovo sapere ci avrebbe arricchito e così e stato.
Grazie Massimo per la piacevolissima serata ed anche per il tuo Power Point che mi ha permesso di predisporre la presente relazione con vergognoso copia/incolla.
Ma chi è senza peccato….
                                                                   Pietro Castelli
 
NB: Per quelli che non hanno potuto partecipare e per quelli che vogliano rivedere il discorso di Massimo: https://vimeo.com/686597458/57f66fcc97