IL FUTURO DELLA NOSTRA SALUTE
Prof Silvio Garattini
 
Lo vedi, ascolti le sue parole e capisci che hai di fronte una persona straordinaria.
 
All’età di 93 anni il professor Silvio Garattini, laureato in medicina, ricercatore, fondatore nel 1961 dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, che ha guidato per decenni e di cui è ancora presidente, parla di rivoluzione culturale con la medesima intensità ed entusiasmo di un giovane.
 
Il disincanto della vecchiaia non lo ha minimamente scalfito e in ogni sua parola traspare la passione per un mondo migliore dove non c’è spazio per la rassegnazione ma solo per la speranza e la voglia di fare.
 
Il tema della serata è la “Nostra salute” e il nostro ospite, nel suo inseparabile dolcevita bianco, ci introduce nel cuore del problema che identifica senza troppi giri di parole nel Servizio Sanitario Nazionale, un bene  prezioso sul quale occorre intervenire senza ulteriori indugi per mantenerne l’efficienza e affrontare le sfide che ci attendono e che ormai sono alle porte, basti pensare, anche solo per un momento, al preoccupante fenomeno di una popolazione che invecchia sempre di più, mentre i giovani che vent’anni fa erano intorno ad un milione ora sono scesi a circa quattrocentomila.
 
Se invecchiare è una buona cosa e per un uomo arrivare ad 81 anni non è poi un impossibile traguardo, per le donne sale addirittura ad 85, sotto il profilo della reale durata della “vita sana” non siamo più ai vertici della graduatoria, perché perdiamo dagli 8 ai 10 anni.
 
Questo vuol dire che ad un’ottima speranza di vita si contrappone una cattiva qualità della nostra vita che ha pesanti ricadute sul SSN, ad oggi assolutamente impreparato ad affrontare questa situazione demografica.  Occorre allora mutare il nostro modo di pensare dove alla preoccupazione di “curare” si deve finalmente anteporre la volontà di “prevenire”.
 
Ma oggi, siamo ancora troppo abituati a pensare di essere invincibili e se qualcosa accadrà, una soluzione la troveremo comunque nella medicina e nei farmaci, che un rimedio lo trovano sempre.
All’uomo della strada non sfiora mai l’idea che il 50% delle malattie croniche e il 70% dei tumori possono essere evitati. Se questa convinzione si radicasse nel nostro modo di pensare e di vivere automaticamente diminuirebbero l’uso di farmaci, il numero dei ricoveri e degli interventi chirurgici.
 
Occorre allora una vera rivoluzione culturale dove per l’amore di una vita sana decidi di smettere di fumare, di rinunciare ad un uso sconsiderato dell’alcool, di controllare l’alimentazione nonché di ridurre le calorie, magari anche con qualche piccolo sacrificio. 
 
Le malattie croniche scaturiscono da un cattivo stile di vita e una vita sedentaria apre le porte del sovrappeso, dell’obesità e produce i suoi effetti negativi anche sul cervello che incorre nelle difficoltà di apprendimento e diminuisce la capacità di memorizzare a breve e lungo termine.
 
Ecco perché il professor ci raccomanda di dedicare almeno trenta minuti all’esercizio fisico senza trascurare la nostra postura e il sonno, maltrattato e considerato quasi una perdita di tempo, mentre in verità aiuta a ripulire il nostro amato cervello dalle scorie. 
 
Tutti questi consigli potrebbe sembrare scontati se la Scienza in Italia fosse considerata al pari della cultura, ma questo non avviene del tutto neanche nel mondo della scuola e un tale modo di pensare fa fatica a farsi largo tra la gente, che non considera così scandaloso confondere il midollo osseo con quello spinale o gli atomi con le molecole, mentre infuriano i dibattiti se si sbaglia una citazione latina o si usa inappropriatamente un termine anglosassone.
 
La Salute non è però solo una “scelta personale” - continua il professore - e un cattivo stile di vita non nasce solo dall’ignoranza o dalle nostre sconsiderate decisioni, ma viene anche occultamente imposto dalle condizioni economiche.  Chi è povero ha solo la preoccupazione di nutrirsi e non certo quello di alimentarsi correttamente con cibi sani. Oggi una larga fascia della popolazione per far quadrare il bilancio rimanda le cure mediche e tra le prime vi sono proprio quelle rivolte alla prevenzione.
 
L’economia in campo sanitario la fanno le case farmaceutiche che trasformano la Medicina soprattutto in un grande mercato che desidera crescere ma non vuole “prevenire”.
Stiamo vivendo una “medicalizzazione” della società che fa solo bene a chi produce farmaci non di rado privi di un qualsiasi valore terapeutico. Anche il check up che veste l’apparenza della prevenzione non è altro che business. Non si conduce uno stile di vita sano ma si preferisce un controllo periodo per vedere se per caso è successo qualcosa, tanto la panacea del medicinale è subito a disposizione.
 
Il Servizio Sanitario Nazionale deve essere ripensato per garantire l’accesso ai trattamenti efficaci e non accrescere i profitti di altri. Ma come si può pensare a questa visione se lo Stato trae profitto dalla vendita di sigarette e di alcool? Come si può credere di cambiare se i Governi non si oppongono alla pubblicità di svariati farmaci ed integratori del tutto inutili se non addirittura dannosi? E non parliamo poi dei prodotti omeopatici che non sono altro che “acqua fresca”.
Basterebbe ben poco - continua il professore - “per risparmiare cinque miliardi di euro eliminando farmaci inutili e senza per questo togliere proprio nulla ai malati”.
 
Oggi nel “Sistema Sanitario Nazionale prevale la burocrazia e il paziente non è al centro ma piuttosto è il punto finale degli interessi che lo circondano”.
 
Nell’art. 32 della Costituzione la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ma la legge n. 833 del 1978 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale è stata addirittura stravolta con l’introduzione della libera professione “intramoenia” che ha sottratto medici dagli ospedali e privato i cittadini di strutture ambulatoriali e diagnostiche.
 
In questo modo l’unico risultato che si ottiene è che verrà curato prima degli altri chi può pagare, mentre chi non può sarà costretto ad inesorabili e lunghe liste di attesa con il pericolo, neppure tanto remoto, di arrivare tardi.
 
La figura del medico di base va scomparendo. Una volta era un’autorità, ora è relegato a “prescrittore”, soggetto indispensabile all’apparato burocratico sanitario che asseconda una tendenza ospedale-centrica con accessi al Pronto soccorso del tutto ingiustificati, addirittura sino al 70% di coloro che bussano alle sue porte.
 
È necessario allora un nuovo modo di concepire l’assistenza sanitaria, dove compito primario della medicina del territorio è la prevenzione. Le Case di comunità o comunque si vogliano chiamare - in fase di realizzazione nella Regione Lombardia - possono essere la soluzione. Pubbliche o realizzate da gruppi non-profit, saranno la riunione delle energie del territorio dove al medico di medicina generale si affiancheranno gli specialisti di altre discipline quali ostetriche, infermieri, psicoterapeuti, tecnici di laboratorio e assistenti sociali per garantire assistenza e vicinanza ai cittadini con l’aiuto, non ultimo, delle farmacie sul territorio.
 
Le Case di comunità adattate alle esigenze della zona, urbana o di montagna, con alta o bassa densità di popolazione, garantiranno un’assistenza 24 ore 24 che ridurrà gli accessi al Pronto soccorso e rafforzerà la sinergia fra ospedale e territorio, permettendo un importante contributo delle cure a domicilio e della telemedicina, che renderanno anche più accessibile la comunicazione degli ammalati e i loro familiari con gli addetti sanitari.
 
Al termine della serata inequivocabile è il monito del nostro relatore: “la Salute non è solo un diritto, ma anche un dovere di solidarietà. Non dobbiamo scaricare su altri quello che dobbiamo fare noi”.
 
Il professor Garattini è un grande uomo, che ha saputo decifrare il codice della sua anima. Ha compreso la sua missione ed è testimone in ogni sua cellula del suo pensiero. Lo ringraziamo per averci concesso la sua presenza e auspichiamo di riaverlo ancora presto tra di noi, sempre con la sua travolgente energia.
 
Non rimane che concludere ancora con le sue parole: “sognare è pur sempre possibile, e se sognano in molti, i sogni possono diventare realtà”.
Roberto Ferrari