Altra conviviale in tempo di virus e la piattaforma Zoom comincia ad entrare nelle nostre piccole abitudini. Mancano gli abbracci ma quelli ritorneranno.
 
Apertura della conviviale con inni e tocco di campana.
 
Il Presidente relaziona rapidamente su alcune punti, conferma che il Club ha una disponibilità di €. 10.000 dopo il versamento alla Croce Bianca e l’ulteriore contributo di $ 2.800 per la Rotary Foundation. 
 
Aggiorna sulla proposta dei dispenser presso il Gonzaga di Milano e la primaria di S. Donato, ai presidi faremo avere le caratteristiche tecniche degli oggetti e con loro si affineranno modalità di intervento ed installazione.
 
Successivamente Fabiola Minoletti aggiorna sul progetto di Cleaning alla casa popolare di via Laghetto, luogo davvero storico, alle spalle dell’Università Statale e tanti vincoli di carattere architettonico e ambientalista.
 
Oltre alla pulitura della facciata propone anche la raccolta dei mozziconi negli interstizi tra le lastre di pavimentazione, cosa che i moderni macchinari dell’Amsa purtroppo, non riescono ad eseguire compiutamente, creando un senso di trascuratezza non degno per la bellezza di via festa del Perdono.
 
La nostra brava Fabiola ha trovato pure la sponsorizzazione per tutti i materiali occorrenti.
 
Resta da decidere la data legata alle norme antivirus che purtroppo oggi limitano la nostra futura attività.
 
Marco Loro infine, spiega l’idea di creare un Circolo Letterario con la scelta di un libro che i soci potranno acquistare o recuperare on linee e che verrà poi discusso ed approfondito in occasione di un dibattito in seno al costituendo Circolo. Questo progetto molto accattivante può essere gestito facilmente anche sulla nostra piattaforma Zoom e può diventare una interessante proposta stabile ed alternativa alla conviviale con relatore.
 
Questa sera si parla di Bottonuto, vecchio quartiere del centro di Milano, relatore alle cui doti eccezionali siamo abituati è il nostro Massimo Burghignoli che, nonostante natali romani e adozione ligure non disdegna regalarci perle di storicità ed urbanistica milanese.
 
Questa sera si parla di Bottonuto, vecchio quartiere del centro di Milano, relatore alle cui doti eccezionali siamo abituati è il nostro Massimo Burghignoli che, nonostante natali romani e adozione ligure non disdegna regalarci perle di storicità ed urbanistica milanese.
 
Percorrendo in successione le vie rovello, Santa Maria Segreta, Armorari, Spadari, Speronari, il nostro cammino in linea retta si interrompe contro la grande mole dell’edificio all’angolo tra le vie Mazzini e Giardino.  Qui di fronte al sacello di San Satiro cominciava la contrada dei Tre Re poi diventata via Tre Alberghi che, passando per il Bottonuto, permetteva di raggiungere le contrade di Pantano e Chiaravalle.
 
Il Bottonuto era un’antica Pusterla altomedioevale che si apriva nelle mura romane la cui torre è ancora riconoscibile nelle fotografie scattate prima della demolizione: i due vicoletti seguivano il tracciato delle fortificazioni.  La parola Bottonuto deriverebbe da bottino, ovvero imboccatura di una fogna, a ricordo della realizzazione di una opera idraulica realizzata a metà del 1° secolo d.c. che prese il nome di aumartium, bagno pubblico, e che venne portata a termine in occasione del prosciugamento del laghetto che occupava l’attuale via Larga che diventò un Brolo, cioè un’area verde: i nomi delle via Pantano e della scomparsa via Poslaghetto ricordano che l’area rimase spesso soggetta ad allagamenti.
                           
Il tracciato delle vie Tre Alberghi e Bottonuto ricalcava quello del decumano romano della quintana che negli accampamenti era la strada che percorreva l’esercito per entrare ed uscire.  In occasione della peste del 1606, come in numerose zone della città, venne elevata al centro dello slargo del Bottonuto una croce dedicata a San Glicerio con un obelisco di granito rosso di Baveno per permettere ai fedeli di pregare non uscendo di casa per il pericolo del contagio. Nel 1872 l’obelisco, privato della croce, venne trasferito all’incrocio tra via Marina e via Boschetti.
 
L’antica contrada dei Tre Re, divenuta poi dei Tre Alberghi, e il Bottonuto rimasero per anni uno degli assi viari e commerciali più importanti di Milano. 
 
Qui aveva sede uno degli alberghi più antichi della città, l’albergo dei Tre Re, conosciuto già nel 1476, la cui insegna con i tre Re Magi, dipinta  dal pittore Gottardo Scotti, è l’insegna più antica conosciuta.  A questo si aggiunse l’Albergo Cappello costruito dove si trovava l’antica locanda del Cappello Rosso, all’angolo tra via Tre Alberghi e via Falcone (oggi via Giardino angolo via Dogana) da dove è possibile vedere il sacello di San Satiro.
 
Più avanti, dall’altro lato della strada, venne costruito l’Albergo Reale. Di fronte, nel 1822, si aggiunsero l’Albergo Europa che fu uno dei primi ad essere dotato di bagni.
 
Nell’adiacente Contrada del Pesce, che diverrà poi via Paolo da Cannobio, si trova invece l’albergo San Marco e nella vicina Via Visconti l’Hotel Siusse di cui vediamo in questa incisione il cortile interno.
 
Tutta la zona era vivacissima con un traffico continuo di carrozze che portavano i viaggiatori da tutta la Lombardia.
 
Non è semplice ai giorni nostri orientarci per capire dove fossero queste antiche strade perché l’unica sopravvissuta ma completamente cambiata è la Paolo da Cannobbio.  L’ausilio di una piantina ci aiuterà ad orientarci in questo dedalo di viuzze, il vero cuore perduto della città di Milano.
Dopo l’Unità d’Italia la zona del Bottonuto divenne sempre più marginale ed i grandi alberghi preferirono trasferirsi in C.so Vittorio Emanuele.
 
Il quartiere era interessato da uno dei più devastanti progetti che avrebbe stravolto il volto della città, la cosiddetta “Racchetta” voluta dal piano regolatore del 1927 una nuova arteria destinata a collegare la rinnovata Piazza San Babila con Piazza Missori e via Vincenzo Monti, fino a Piazzale Cadorna, per ricongiungersi con una grande rettifilo alla Stazione Centrale.
 
La zona del Bottonuto si sarebbe trovata così tra una nuova arteria di alto scorrimento e Piazza Duomo, una occasione troppo ghiotta per non immetterla sul mercato fondiario e concentrare in quell’area le funzioni finanziarie e commerciali.
 
Si trattava di fare terra bruciata di secoli di storia ma purtroppo il degrado e l’abbandono dell’antico quartiere, ormai abitato da povera gente e piccoli malviventi e prostitute fece si che in nome dell’igiene della morale la speculazione andasse a buon fine.
 
Se è vero che nelle foto dell’epoca i vicoletti e la piazzetta appaiono in stato di avanzato degrado e di abbandono, il resto del quartiere si mostra molto vivace e gli edifici sono comunque di un certo pregio.
 
Dappertutto negozi, caffè, trattorie Toscane, rivendite di cibi cotti come pesci fritti e polenta calda, cantine di vini.
 
Nello slargo del Bottonuto fanno bella mostra di sé una edicola, una pompa di benzina ed un vespasiano, collocato proprio lì nel 1865 per evitare che i vicoletti venissero usati alla bisogna come dice Pietro Valera che parla di un ambiente malfamato dove bisogna turarsi il naso per il terribile odore di fogna che proveniva dal vicolo delle Quaglie usato come pisciatoio.
 
 Anche questioni legate alla moralità pubblica vennero sollevate per radere al suolo il quartiere vista la presenza di moltissime prostitute che attiravano sul luogo moltissima clientela.
Così il quartiere che era sorto su una delle strade romane più importanti della città, dove esistevano ancora i resti di una pusterla medievale, che nell’ottocento aveva ospitato nei suoi alberghi visitatori da tutto il mondo, in nome della decenza e della morale ma per fini prettamente speculativi venne rasa al suolo senza rimorsi anche se, ironia del destino, la grande strada di scorrimento, la famosa Racchetta, non verrà mai terminata arrestandosi in Piazza Missori nei pressi della sua ultima vittima, l’antica Chiesa di San Giovanni in Conca.
 
Le vecchie immagini dei cortili e delle vie Visconti e Rasterelli ci raccontano di una Milano popolare ma dignitosa, sicuramente a misura d’uomo, demolita per costruire grandi casermoni per uffici che oggi invecchiati e spesso inutilizzati sembrano dei grossi scatoloni vuoti, soppiantati dai grandi grattacieli in vetro e acciaio che sono sorti in diverse zone della città molto più adatte alle nuove esigenze commerciali.
 
 
Nelle perduranti demolizioni fu sacrificata anche la chiesa di San Giovanni in Conca i cui resti sono ancora visibili in superficie mentre la cripta è visibile in giorni prestabiliti.
 
In questo caso però parte della chiesa fu salvata e la facciata fa ancora mostra di se in via Francesco Sforza nella chiesa Anglicana il cui vicolo attiguo per buon memoria prende il nome della vecchia Chiesa.
 
Tutti restiamo ammirati dalla ricostruzione storica di Massimo che sapientemente dosa immagini passate a quelle recenti ad aneddoti ed indovinelli nel riconoscimento delle vedute.
 
Tutti ci ritroviamo in luoghi conosciuti, in misteri risolti, in domande appagate.
 
Tutti ci ritroviamo nella nostra città più consapevoli di quello che fu.
 
Rapito dal racconto e dalla semplicità narrativa anche questa volta ho scordato di prendere appunti ma ho riscritto senza difficoltà quello che ho sentito perché mi è sembrato di ripetere con soddisfazione una gran bella lezione.
 
La voce calda e un po’ roca di Cesare Parazzi ha letto in perfetto dialetto milanese qualche capoverso dello scrittore Emilio De Marchi che immagina di parlare con Carlo Porta raccontando lo scempio ed il cambiamento di Milano.
 
Le domande non si sono fatte attendere e altri particolari sono emersi con la soddisfazione degli astanti on line.
 
Il tocco della campana non senza i ringraziamenti e l’applauso degli amici ha chiuso la serata.
                                                                                      Pietro Castelli