Maurizio Agnesa PHD
La serata rappresenta un ulteriore esempio delle potenzialità del RC Milano Castello, che possiede al Suo interno esperienze e professionalità individuali capaci di arricchirci, spronarci, aiutarci.
 
Oggi viviamo in una società che ha bisogno di testimoni, di persone che possano essere d’esempio e vogliano mettersi in gioco per il bene comune e la forza del “gruppo”, anche per me che sono “l’ultimo arrivato”, è palpabile quanto energizzante.
 
La modalità di ritrovo su zoom non è riuscita a minarne l’esistenza o a ridurne la percezione, per quanto tutti si sia stanchi di questa situazione incredibile a distanza di oltre un anno dal suo inizio.
 
Il Presidente in collaborazione con Craig dà inizio alla serata con il saluto alle bandiere e quindi il saluto ai presenti e agli ospiti, molto familiarmente, fornendo solo qualche notizia in ordine alle prossime conviviali tra cui, in particolare, un tour virtuale ai musei del Castello Sforzesco.
 
Viene quindi data la parola a Vincenzo Scuotto, che ha il merito di aver presentato Maurizio Agnesa al Club e quindi di esserne virtualmente il padrino ancorché il suo ingresso sia successivo, per una presentazione del Relatore, come di rito.
 
Nelle parole di Vincenzo trapela una certa emozione che dimostra l’affetto per l’amico e l’orgoglio per avere fatto conoscere al Club una persona che nello sguardo e nei modi rispecchia quei valori di cui tutti oggi abbiamo bisogno: il lavoro, quello con la L maiuscola e la correttezza.
 
Sono anche colleghi, Vincenzo e Maurizio, ma questa sera il curriculum non è protagonista, perché protagonisti sono il sentimento di amicizia che li lega, il rispetto e la considerazione della persona.
 
Maurizio ringrazia e accenna con poche parole quanto sia per lui importante meritare la conferma di quell’immagine proiettata da chi lo ha avvicinato a questo mondo, dove i valori non sono e non devono essere solo parole e bastano pochi minuti per capire quanto sia radicato nella vita di entrambi il concetto di Responsabilità ... si può dire che la loro amicizia non è occasionale ma “naturale”.
 
Passando al tema della serata, ovvero la “leadership”, Maurizio ci rammenta che è un concetto caro alla famiglia rotariana e che il nostro Distretto aveva dedicato la mattinata di sabato 17 ottobre 2020 sull’argomento, ovvero su cosa voglia dire essere un Leader.
Maurizio ringrazia e accenna con poche parole quanto sia per lui importante meritare la conferma di quell’immagine proiettata da chi lo ha avvicinato a questo mondo, dove i valori non sono e non devono essere solo parole e bastano pochi minuti per capire quanto sia radicato nella vita di entrambi il concetto di Responsabilità ... si può dire che la loro amicizia non è occasionale ma “naturale”.
 
Passando al tema della serata, ovvero la “leadership”, Maurizio ci rammenta che è un concetto caro alla famiglia rotariana e che il nostro Distretto aveva dedicato la mattinata di sabato 17 ottobre 2020 sull’argomento, ovvero su cosa voglia dire essere un Leader.
 
Maurizio svolge quindi una breve premessa introduttiva sull’oggetto della serata, ovvero le evoluzioni della leadership nelle organizzazioni e l’argomento trova terreno fertile essendo tutti i presenti ben predisposti nonché palpabile una certa curiosità nell’auditorium virtuale.
 
Il Relatore fa anzitutto chiarezza distinguendo il Management, ossia l’insieme di quelle pratiche volte a raggiungere degli obiettivi, dalla Leadership, cioè la posizione prevalente di una persona dotata di carattere persuasivo e carismatico.
 
Un tempo considerata una dote, per così dire, genetica - o nasci leader o non lo sei – oggi la Leadership viene considerata un’arte che si può imparare, una disciplina che può essere anche alla portata dei comuni mortali. Superata l’idea del grande uomo dotato di autostima e dominanza, nel 1900 gli studi di psicologia sociale si affinano e con Lewin, Lippit e White si concentrano sulla conduzione dei gruppi, arrivando ad individuare tre categorie.
 
Nella prima il leader “autocratico” alterna ricompensa a punizione, lasciando in uno stato di disagio i suoi collaboratori; nella seconda, che possiamo chiamare “permissiva”, il leader è vittima del giudizio degli altri, che di fatto teme e per questo cerca di esporsi il meno possibile, lasciando i collaboratori a se stessi e infine la terza, cosiddetta “democratica”, dove il leader è attento agli obiettivi ma privilegia anche il rapporto con i suoi collaboratori ... educandoli ad essere produttivi, motivati e collaborativi.
 
Successivamente, nel 1982, Paul Hersey - scienziato comportamentale e imprenditore – e Kenneth Blanchard - consulente manageriale – elaborano la teoria della Leadership Situazionale, dove il leader modella il suo comportamento guardando alla maturità dei propri collaboratori, alcuni meri esecutori e altri soggetti autonomi a cui è possibile delegare.
 
Il Leader qui gestisce il rapporto in tre fasi. Nella prima condivide gli obiettivi e ne verifica la realizzazione e il metodo per raggiungerli - New One-minute manager - mentre la seconda e la terza, alternative, si incentrano sulla lode e l’incoraggiamento – Lodi da un minuto – o sulla spiegazione dell’errore, mettendo al centro dell’analisi quello che non va, senza mai mettere sotto accusa la persona - Sgridate da un minuto.
 
La Leadership centrata sui principi è invece pensata nel 1989 da Stephen Covey – vice presidente del Franklin Covey, società leader nella formazione e valutazione della leadership e consulente personale dell’ex presidente Bill Clinton, nonché di vari amministratori delegati di società statunitensi globali.
Covey ne individua sette la cui presenza radicata nell’organizzazione non solo aumenta la produttività ma migliora le relazioni personali e professionali. I principi sono una sorta di legge naturale che aiutano il Leader a divenire ispirazione e aiuto per i suoi.
 
Nel 1990 Bernard Bass - studioso nel campo degli studi di leadership e comportamento organizzativo - pensa ad un nuovo modello, la “Leadership trasformazionale”, fondata sulla capacità di dare l’esempio, sull’empatia, sull’azione per motivare e far si che il proprio staff si identifichi nella “mission”. Il cambiamento è incoraggiato perché viene dato spazio a tutte le possibili soluzioni per risolvere un problema, favorendo e valorizzando anche una creatività soggettiva, fuori dagli schemi.
 
Ma qualunque sia la nostra teoria di riferimento, la figura del surfista si addice al Leader, chiamato a prevedere e capire la capricciosità dell’economia così come le inquietudini e le contraddizioni di una società complessa, dalle molteplici sfaccettature. Il suo obiettivo è curare la sua organizzazione con una visione di lungo termine, sino ad anticipare e realizzare il futuro.
 
Nel surfista atletico si riconoscono ancora oggi molti uomini di leadership che dedicano una particolare attenzione al loro stile di vita e amano lo sport anche come prova verso se stessi, sempre pronti a cimentarsi in nuove sfide.
 
Vi saranno sicuramenti altri modelli di Leadership, ma non possiamo tralasciare l’unico che dovrebbe essere posto in cima a tutti gli altri, stiamo parlando della “Leadership Etica” che proprio nel Rotary trova la sua concreta e quotidiana applicazione. Non a caso l’ultima slide di Maurizio è dedicata alla Leadership Rotariana e a quel codice morale che Herbert J. Taylor nel 1932 dettò in poche righe, divenendo il test di ogni socio dal momento della sia iniziazione e per tutta la sua vita:
 
“Quello che pensiamo, diciamo o facciamo:
  • è conforme alla verità?
  • è corretto per tutti coloro che sono coinvolti?
  • è di stimolo per la crescita di migliore buona volontà reciproca e di sentimenti di amicizia’
  • è di beneficio per tutti gli interessati?
 
Terminata la relazione si apre il dibattito sulla preliminare considerazione ... autoironica ... del nostro Presidente: “Dopo quello che ho sentito, ho capito perché non sono un leader. Non sono un atleta né tantomeno un surfista e poi – come se non bastasse - non ho un buon regime alimentare”. Battute a parte, il Presidente ci ricorda che la leadership è sempre il nostro faro perché da questa dipende la capacità del Club di contribuire alla realizzazione degli obiettivi rotariani, sintetizzati nel nostro motto “Service above self”.
 
Il Presidente ci ricorda come il Rotary International trovi la sua forza più nelle qualità del singolo, che non nell’organizzazione o nella struttura, ancorché dall’originario progetto del suo fondatore molto è cambiato e neppure Paul Harris poteva immaginare quanto sarebbero cresciute dette organizzazione e struttura nel mondo.
 
Leadership è formazione, laddove abbandonata la giustificazione genetica, quindi ecco che il secondo intervento è nella sua naturalità quello del nostro Formatore di Club, Adriano Anderloni, che ci porta la sua diretta esperienza sull’evoluzione della leadership anche all’interno della famiglia rotariana, rappresentando che i primi soci erano geneticamente Leader e agivano come tali, lui lo è diventato costretto dalle prove che il lavoro gli imponeva e imparando ad apprezzare le conoscenze e le capacità di chi gli stava vicino, sottolineando la fortuna di aver vissuto al fianco di uomini di grande statura. Il suo pensiero si concentra su uno di questi, Carlo Ravizza, per lui una delle figure più care, che, fondatore del R.C. Milano Sud-Ovest, nella sua carriera rotariana aveva rivestito importanti incarichi anche a livello internazionale sino ad essere nominato Presidente della Rotary Foundation.
 
Gli interventi si susseguono senza soluzione di continuità e anche Cesare Parazzi si unisce ad Adriano condividendone il pensiero. Oggi non puoi essere Leader solo con le tue doti innate e non puoi essere presidente di Club senza una seria preparazione, perché non c’è una gerarchia o un sistema che ti possono aiutare.
 
Maurizio ci ha dato un’idea di cosa sia la leadership ma se guardiamo come va il mondo e i fatti che vi accadono, molti dei modelli che ci sono stati presentati ci sembrano nella migliore delle ipotesi nascosti o per nulla efficaci, soprattutto nei sistemi organizzativi più complessi quali ad esempio quelli governativi. Questo ci fa notare il Vice Presidente Luca Faotto, dando l’occasione al relatore di renderci edotti su un altro aspetto della leadership, quello che potremmo chiamare il suo lato “oscuro”. John Janeway Conger, psicologo americano, esperto di leadership carismatica, ex presidente dell'American Psychological Association (APA) nonché consigliere di cinque presidenti degli Stati Uniti su questioni legate alla psicologia, ne è il teorico.
 
Il leader può perdere la sua visione strategica, può assumere comportamenti esagerati e perdere il contatto con la realtà. Nulla gli vieta di manipolare le informazioni o di distorcerle affermando così il suo potere ed allontanando il pericolo che nella sua organizzazione possano nascere leader in grado di soppiantarlo.
 
La leadership è quindi - come spesso capita – una realtà bifronte e gli esempi che ci vengono portati da Luigi Capone, che si è già imbattuto in quello che ha simpaticamente definito “una mentalità macistica- testosteronica” e da Alberto Fossati, che nell’Arma dei Carabinieri ha incontrato superiori che prediligevano la condivisione e l’aiuto piuttosto della punizione, ne sono un esempio.
 
A questo punto, è bene ricordare che la leadership non è solo per i massimi sistemi, perché è sempre vicino a noi, anche se a volte non ce ne accorgiamo, forse perché la diamo per scontata, come nella famiglia. L’intervento di Fabiola Minoletti è in questo caso puntualissimo; Lei ha fatto una scelta ben precisa al riguardo e, dopo le soddisfazioni professionali, ha deciso di esercitare la sua leadership in famiglia ... essendone oggi orgogliosamente felice ... così come siamo noi felici ad averla nel Club ... all’interno del quale è venuta analogamente a ricoprire una leadership in termini di responsabilità e impegno ... quanto di simpatia e affetto.
 
La serata volge al termine quando Luigi Capone ci lancia un’idea interessante. Se l’Etica ci deve guidare, se vogliano rafforzarci nei valori che il Rotary va diffondendo oltre ogni distinzione culturale, di razza e di religione, perché al termine di ogni conviviale non pronunciare quel codice morale che Taylor ci ha lasciato? La proposta merita di essere presa in considerazione e il Presidente raccoglie l’invito sul pensiero che certamente male non fa ... anche perché lo stesso Presidente ci rammenta come ogni singola domanda di Taylor nasconde al suo interno molteplici risposte.
 
Ringraziamo Maurizio per il suo contributo ... abbiamo imparato diverse cose e siamo stati stimolati ad approfondirne altrettante ... e senza alcun dubbio ci concentreremo sulla Leadership rotariana, non potendosi fregiare alcuno di essa come di un obiettivo già raggiunto, essendo la stessa più un perenne divenire ... una continua prova verso noi stessi e verso gli altri.
 
La serata è terminata ma c’è spazio per un simpatico siparietto ... la pandemia ha inciso pesantemente sull’anno rotariano del Past President Guido Motti e su quello del nostro attuale Presidente Marco Loro ... aiutati ma nello stesso tempo imprigionati da zoom, quindi impediti nella realizzazione di tutti i loro progetti.
 
Ecco, quindi, che il Vice Presidente Luca Faotto propone una loro ricandidatura ... magari in coppia ... proposta simpatica e che il nostro Presidente apprezza in punto rotariano quale testimonianza di considerazione, in punto umano quale testimonianza di amicizia e in punto professionale quale tecnica dilatoria per differire il giorno in cui il “collare” ... con i nomi di tutti i presidenti del RC Milano Castello ... venga indossato dallo stesso Luca.
 
Buona leadership a tutti