RELATORE:  CRAIG SAUSE
Relatore di eccezione questa sera è Craig Sause che ovviamente non ha bisogno di presentazione ed il titolo della sua relazione è accattivante – Management Sans Superstars.
 
La partenza è decisa e inconfondibile come il suo accento divenuto immancabile e insostituibile nel nostro club.
 
Craig, a buona ragione, odia i pregiudizi e gli stereotipi ed il pregiudizio è l’altare dello stereotipo.
 
L’immagine di John Travolta fa ricordare come l’epiteto “greaser” veniva dato con facilità a tutti gli italiani d’America negli anni della grande immigrazione.
Nulla di più sbagliato e ovviamente non ben preso dagli Italiani.
16 aprile 2020
 
RELATORE:  CRAIG SAUSE
 
Conviviale online del Rotary Milano Castello
Piccola nota di colore come l’incontro tra amici non cambia anche se il virus allontana e la tecnologia avvicina.
 
Mano a mano che gli amici entrano nella sala virtuale vengono accolti dal saluto gioviale degli astanti.
 
La stretta di mano, la pacca sulla spalla sono cose che rimanderemo a tempi migliori, ma la gioia di rivedersi è sempre vera e genuina.
 
Oltre a Zoom anche il mestolo di legno è diventato elemento familiare per le nostre conviviali.
 
Parte il tocco, partono gli inni, la regia fa progressi notevoli e qualche piccola sbavatura verrà presto superata.
 
Il Presidente dà il benvenuto a tutti gli amici ed agli ospiti della serata: Mons. Don Mauro Longhi, Michele Plescia, Emanuel Rosario de Carolis, Federico Magnone e Simone Pellicani.
 
Relatore di eccezione questa sera è Craig Sause che ovviamente non ha bisogno di presentazione ed il titolo della sua relazione è accattivante – Management Sans Superstars.
La partenza è decisa e inconfondibile come il suo accento divenuto immancabile e insostituibile nel nostro club.
 
Craig, a buona ragione, odia i pregiudizi e gli stereotipi ed il pregiudizio è l’altare dello stereotipo.
 
L’immagine di John Travolta fa ricordare come l’epiteto “greaser” veniva dato con facilità a tutti gli italiani d’America negli anni della grande immigrazione.
Nulla di più sbagliato e ovviamente non ben preso dagli Italiani.
 
Gli anni passano, il modo si evolve, ed ora agli italiani viene riconosciuto il pregio esclusivo di innovazione e design.
Anche questo non è la verità.  (Ma non è mai negato dagli italiani.)
 
Come mai questo discorso viene fatto dal nostro amico Craig?
 
In università ha studiato matematica e filosofia. Si è poi dedicato a tempo pieno al tennis, ma non arrivando ai livelli sperati. Sempre in campo tennistico diventa maestro e in seguito, maestro dei maestri. Successivamente entra nel mondo aziendale e si trova ad operare all’interno di aziende che hanno bisogno di aiuto o sono in difficoltà, sviluppando così una capacità di analisi e di soluzione dei problemi – Trouble shooter.
 
Chi lo buttò nella mischia fu il suo capo e mentore, intuite le potenzialità, facendone emergere le capacità.
 
Pertanto, il discorso di Craig non si incentrerà sulle varie management theory o le idee dei tycoon del management quali, ad esempio:
 
Frederick Taylor e la sua teoria di Scientific Management
Henri Fayol con quello che è chiamato l’Administrative Management Theory  con sue 5 regole di management : pianificare, organizzare, comandare, coordinare e controllare
Max Weber e la sua “Beauraucratic Theory of Management”
Herzberg e Mayo - che hanno parlato di motivazione ed altri fattori psicologici (come il famoso “Effetto Hawthorne”)
Più recente, la General Electric, che ha sviluppato Ie sue 6 regole di management
Jack Welch, il più famoso manager americano della fine secolo scorso, con le sue 8 rules of leadership.
 
Craig intende invece fare un discorso più semplice, fatto di mere constatazioni nell’operare in aziende in difficoltà, con a capo uomini non in grado di percepire e risolvere tale difficoltà.
Due cose sono sempre emerse in ogni analisi:
  • il management non è sinonimo automatico di leadership mentre un Buon Management lo è sicuramente;
  • i problemi non vengono mai dal basso, ma nascono sempre dalla testa. Un cattivo dipendente non può distruggere una ditta mentre lo può fare un cattivo manager.
Le soluzioni si possono ricondurre a due principali opzioni.
Se l’azienda può avvalersi di una superstar, i problemi sono risolti alla radice, i nuovi lavori entrano in produzione con facilità, non sono necessari grandi e costosi manager, e non sono neppure necessarie troppe teorie sulla gestione.
Qualora non ci fosse un superstar e neppure fosse possibile recuperarlo, allora diventa necessario e imprescindibile operare all’interno di precise procedure che rispondano e riconducano alle politiche aziendali.
Un piccolo esempio di quello che dovrebbero contenere queste politiche e queste policies:
• Codice di condotta. ...
• Politica di partecipazione / ferie / tempo libero. ...
• Pari opportunità e politiche di non discriminazione. ...
• Sicurezza sul lavoro. ...
• Politiche relative all'alcol, al posto di lavoro privo di droghe, al fumo e alla cannabis. ...
• Politica degli informatori. ...
• Politica anti-molestie. ...
• Politica sulla riservatezza.
 
Queste indicazioni, contenute  in un manuale e accompagnate a delle procedure, danno una chiara comprensione di quello che ognuno in azienda deve fare e cosa l’Azienda si aspetta da ognuno.
Nel massimo rispetto dei tempi il nostro relatore conclude con applauso degli astanti.
Le domande non si sono fatte attendere.
Guido Motti ha due considerazioni: le procedure devono essere fatte dai capi e le procedure limitano la crescita dei dipendenti.  Craig replica dicendo che, al contrario, le procedure devono essere scritte coinvolgendo coloro che in ditta devono eseguirle; senza indicazioni provenienti dalla base, siamo al discorso di prima, cioè i dipendenti devono necessariamente essere delle superstar! Con una base di regole ben costruite, lo staff può crescere senza l’onere di reinventare la ruota.
Cesare Parazzi nota che le procedure devono essere linee guida, non rigide.  Craig risponde che sono le policies ad essere linee guida, mentre le procedure possono essere più o meno rigide. Ovviamente dipende dal tipo di lavoro, ambiente ecc.  Certamente nell’ospedale o in una fabbrica con “process quality control”, le procedure sono necessariamente rigide.  Invece in altre situazioni, possono essere meno rigide.
 
Valter Amerio prende la parola e considera che è chiaro che le “policies e procedures” sono necessarie nelle grandi società e multinazionali, ma sono cosi importante per le piccole aziende?
Bella domanda, risponde Craig, certamente sono importanti.
 
La mancanza di queste è uno dei grossi problemi per le piccole ditte. È più difficile fare training ai nuovi dipendenti e quindi molto difficile far crescere il business.  Anche diventare certificati ISO diventa molto difficoltoso.
 
Le domande ed i commenti non mancano, intervengono Agnesa, Bombelli, Bonuomo e altri che con il loro contributo arricchiscono il dibattitto
   
L’applauso finale di ringraziamento ed i saluti di commiato con tocco di campana del nostro Presidente chiudono la serata.
 
                                                                                                Pietro Castelli