
Avv. GIANFRANCO D’AIETTI
AI, un acronimo che oggi è conosciuto da tutti, anche da coloro che masticano poco l’inglese.
AI, che per noi italiani diventa IA, si insinua silenziosa nel nostro quotidiano, appare sui nostri smartphone, PC e tablet e a poco a poco ci sostituisce, giustificando la sua invasione con il desiderio di renderci più facile la vita.
Anche il diritto vive una sua epocale trasformazione e questo è il tema della nostra conviviale in compagnia di Gianfranco D’Aietti, già magistrato e Presidente del Tribunale di Sondrio, docente di informatica giuridica, relatore in convegni sui temi delle applicazioni informatiche applicate al Diritto, autore di sistemi software di consulenza legale – ReMida, Rivalutazioni e interessi, ReMida Danno alla persona, ReMida, calcolo tassi, ReMida Famiglia.
Esperto di analisi dei sistemi informativi e del linguaggio della programmazione ha sempre avuto una passione per i diagrammi di flusso, le freccette, e le forma geometriche.
La sua mission è misurare ciò che è misurabile e rendere misurabile ciò che ancora non lo è.
In altre parole immagina naturale e affascinante ciò che per molti sarebbe un inevitabile divorzio, cioè il matrimonio tra matematica e diritto.
Il diritto – ci dice - è un algoritmo perché il diritto ha una sua logica e con una tale premessa è facile pensare come l’intelligenza artificiale possa a poco a poco salire sul palco e divenire protagonista anche nel mondo del diritto.
L’intelligenza artificiale a domande banali reagisce con risposte banali.
Se poni domande più complesse, il sistema risponde in modo più articolato e preciso e ancora di più se sottoponi all’esame un caso concreto.
AI opera replicando la Common Law, il modello di ordinamento giuridico, di origine britannica, basato sui precedenti giurisprudenziali più che sulla codificazione. L’intelligenza cerca curiosa tra i precedenti.
Certo, i rischi ci sono e lo dimostra la sentenza del tribunale delle Imprese di Firenze che nel marzo scorso ha ravvisato un caso di allucinazioni dell’intelligenza artificiale dove AI aveva prodotto informazioni false, ma pericolosamente plausibili, nella redazione di atti giudiziari.
Allucinazioni a parte e pur correndo il rischio di una giurisprudenza artificiale non creata dall’uomo ma bensì da lui subita, a sua insaputa, la strada è segnata.
Gli avvocati verranno spazzati via?
Probabilmente no, o meglio, l’intelligenza artificiale metterà fuori mercato gli avvocati e gli appartenenti alle altre professioni intellettuali che decideranno di non avvalersi del suo aiuto.
A questo punto, sta a tutti gli operatori del diritto sapersi giostrare e utilizzare correttamente i c.d. “prompt” per ottenere delle risposte specifiche e pertinenti per i casi che stanno esaminando.
AI è ormai un compagno di viaggio, che può generare diffidenza ma che si deve comunque prendere a bordo, se si vuole una ricerca giuridica completa, una capacità di prevedere l’esito di una causa in base ai dati storici o una buona valutazione dei rischi, per poi decidere se procedere in giudizio o trovare altre strade.
Non sappiamo dove ci porterà l’intelligenza artificiale, non possiamo neanche immaginare quali mutazioni vivrà la nostra quotidianità, ma qualunque cosa accada ricordiamoci di non farci mai sostituire, perché AI ci deve solo aiutare a fare meglio.
Un caro ringraziamento va al nostro ospite, che ci ha deliziato con una serata ricca di spunti su cui riflettere e di curiosità. Da parte nostra, possiamo tornare a casa abbastanza tranquilli, il pericolo del “robot giudice” è per il momento scongiurato.
Roberto Ferrari